Un assaggio fra le stelle – parte seconda

L’articolo è stato redatto da Mirco Marconi ed è basato sugli assaggi e i pareri elaborati insieme a Daniele Fajner, Jack Martin, Chiara Mastrolorito e Maicol Sacchetti

Ad ognuno il suo stile

È una banalità affermare che lo stile di lavorazione fa la sua parte, molto rilevante, nel gusto di una tavoletta di cioccolato single origin? Sì e no…

L’affermazione ha la sua buona dose di ovvietà, in quanto il processing delle fave di cacao (cioè come queste vengono trasformate in cioccolato, con che passaggi e con quali attrezzature) ha un ruolo fondamentale nella definizione del flavor della tavoletta, non meno della genetica del cacao o del terroir.

Alcuni dei cioccolati assaggiati per l’articolo

Però siamo anche convinti che se non si e mai provato a fare delle sessioni di assaggio comparativo, con cioccolati di produttori diversi basati sulle stesse origini di cacao, non ci si rende conto fino in fondo di quanto l’intervento dell’artigiano del cioccolato sia determinante. Ci è capitato di assaggiare, nel corso delle sedute di degustazione che hanno dato vita a questo articolo, diverse interpretazioni di fave di cacao provenienti dagli stessi coltivatori e dalla stessa annata, con sapori completamente differenti.

Durante una visita nel laboratorio di uno dei produttori, lo stesso cacao Nacional, prodotto con due differenti profili di tostatura e concaggio (fatto nel melangeur a rulli in pietra), aveva due sapori completamente diversi. Il craft chocolate-maker è quindi, alla fin fine, un vero demiurgo che dalla grezza creta (le fave di cacao), dà vita alla sua creazione.

I cioccolati single origin si basano su di una tipologia di cacao, che spesso è un mix di diverse varietà, proveniente da una ben precisa zona geografica

Vi invitiamo a provare con le vostre papille gustative questa esperienza, che è proprio un bel gioco per gli appassionati di cioccolato single origin. Diversi produttori, i più corretti e informativi, riportano in etichetta la provenienza della materia prima, quindi ci si può divertire ad assaggiare in sequenza diverse tavolette fatte con lo stesso cacao. Ad esempio l’origine Tanzania è quasi sempre prodotta con le fave della Coop Kokoa Kamili, l’India con quelle di GoGround, il Madagascar spesso con Akessons, la Repubblica Dominicana con Oko Caribe, le fave di cacao Nacional Boliviano vengono commercializzate prevalentemente da Taza Chocolate, il Belize dalla Cooperativa Maya Mountain oppure da Belyzium, altre origini latinoamericane da Original Beans. E via di questo passo…

Procuratevi le tavolette di diversi produttori fatte con la stessa origine di cacao e divertitevi!

GoGround fornisce fave di cacao dall’India a molti produttori artigianali

Quali sono i possibili stili per fare un fondente di singola origine? Ci sentiamo di riassumerli in tre tipologie, ben avendo presente che questa è una semplificazione e che, come in tutti questi casi, si tende inevitabilmente a generalizzare, ma ciò può aiutarci nel definire macro-differenze tra i diversi produttori. Ciò non toglie che all’interno di una singola tipologia ci siano mille sfumature, che a volte diventano diversità ben evidenti. Nel definire le tipologie di stile ci basiamo in prima istanza sulla texture e sugli ingredienti, che significano anche una lavorazione per forza di cose diversa e, a cascata, rilevanti differenze di gusto all’assaggio.

Partiamo dalle texture più ruvide e grossolane e da tavolette fatte solo con massa di cacao e zucchero: appartengono a questa tipologie i cioccolati in stile modicano o messicano (come Taza Chocolate). La texture può essere un grosso vantaggio per questi cioccolati, per la loro diversità e originalità rispetto alle tavolette di fondente mainstream, per l’effetto crunchy, per lo zucchero semolato chiaramente avvertibile alla masticazione. Quello che può apparire un vantaggio, per altri può rappresentare un grosso limite e di solito il cioccolato “alla modicana” o si ama alla follia o non lo si sopporta proprio, senza mezze misure.

La tostatura delle fave di cacao è una fase determinante per lo sviluppo del flavor finale del cioccolato

Dal punto di vista di chi deve (e vuole) cercare le sottili sfumature di gusto, gli aromi particolari dei single origin, i cioccolati fatti in questo modo scontano un paio di peccati originali. Primo, l’avere una percezione dissociata degli ingredienti, cacao e zucchero che in effetti non si “fondono” fra loro, il che crea una dissonanza gustativa, il dolce da una parte e il resto dall’altra. Secondo, la mancata intima fusione tra zucchero, massa grassa e le altre componenti del cacao ha inoltre una duplice ricaduta negativa: si perde l’effetto che lo zucchero dovrebbe avere, ovvero una neutra mascheratura di astringenza e amarezza (una sorta di lavoro dietro le quinte) e la componente aromatica del cacao non spicca mai veramente il volo. Ciò peraltro avviene anche nelle tavolette al 100% (senza zucchero), quindi deve essere causato alla grossolanità delle particelle presenti, che presentano una superficie ridotta per il rilascio aromatico. L’effetto infatti non è così evidente nei cioccolati Mexican style di Taza Chocolate, la cui texture è già più fine.

Uno dei redattori (Jack Martin) che ha partecipato all’assaggio, annotava nei suoi appunti: “The Modica style where the sugar and cocoa mass exist separately within the same bar, very unrefined, while an interesting experience to eat is not inducing to bringing out the aroma of the cocoa at all it would seem”[1].

La seconda tipologia prevede sempre gli stessi due ingredienti soltanto, ma con una texture più fine, che può essere ottenuta tramite una lunga lavorazione con macine con rulli in granito, in pratica lo stesso attrezzo che in passato era chiamato melangeur e che può essere utilizzato per le fasi di macinatura e raffinazione, ma anche di concaggio (tecnica utilizzata da molti piccoli produttori artigianali); in alternativa si possono impiegare mulini a biglie in acciaio in cui si può andare a ridurre il diametro delle particelle solide ben al di sotto dei canonici 20 micron. In questi cioccolati si avverte ancora una texture minimamente sabbiosa, ma si è al contempo ottenuta una più intima compenetrazione tra le varie componenti, soprattutto se la lavorazione nel melangeur è protratta a lungo. Abbiamo notato, come tendenza generale, che chi lavora col melangeur ottiene dei risultati molti migliori sul profilo aromatico del cacao, mentre chi utilizza un mulino a biglie produce dei cioccolati tendenzialmente più piatti nell’aroma. Poi magari ci sbagliamo, ma la nostra netta impressione è stata questa.

La terza tipologia prevede invece tre ingredienti, ovvero oltre alla massa ed allo zucchero si aggiunge anche burro di cacao extra. Questa è una scelta che fanno parecchi produttori artigianali di tavolette bean-to-bar. Da una parte abbiamo quindi quelli con un idea “purista” (e forse anche un po’ “ideologica”) che la materia prima cacao abbia bisogno solo di un po’ di zucchero per stemperare le sue spigolosità di amarezza ed astringenza, mentre il burro di cacao raffinato non fa altro che diluire l’impatto gustativo.

Il melangeur a rulli in granito è usato da molti produttori artigianali per la macinatura delle fave, ma prolungando i tempi di lavorazione può fungere anche da raffinazione e, in qualche modo, concaggio.

Apriamo una brevissima parentesi: in tutti i cioccolati 100% che abbiamo assaggiato l’aspetto aromatico risultava penalizzato e molto deludente e siamo convinti che questo non dipenda dall’impatto “importante” delle componenti “dure” (amarezza ed astringenza), ma dal fatto che la presenza di zucchero aiuti il rilascio dei composti aromatici dalla massa di cacao, cosa che dal punto di vista chimico è una pienamente comprensibile grazie alla presenza di un composto polare quale è lo zucchero.

Dall’altra parte ci sono invece quelli che pensano che un poco di burro di cacao (di solito attorno al 5%), che comunque non è cosa estranea alla materia prima, abbia un effetto decisamente positivo. Tra l’altro la prima storica tavoletta di cioccolato, poté essere creata da Fry & Sons proprio grazie al burro di cacao extra. L’aggiunta di burro di cacao, insieme al concaggio o comunque alla lavorazione lunga in un melangeur, aumentano la fluidità della massa favorendo l’effetto fondente. Ma il contributo del burro non si limita a ciò: il fatto che ogni microscopica particella di massa di cacao sia rivestita da un film di burro di cacao, da un lato rende la texture molto omogenea e smooth (liscia) e dall’altra aumenta la volatilità delle sostanze aromatiche, che sono maggiormente solubili nei grassi e quindi si vanno a portare nella zona esterna delle particelle, per poi volatilizzare e raggiungere il nostro naso dalla “porta di servizio” (cioè dal cavo orale). In quest’ottica quindi il burro di cacao aggiunto, anche se di per sé è aromaticamente neutro, può facilitare l’espressione aromatica di un origine di cacao. Inoltre, per chi opera col melangeur, un poco di burro di cacao messo all’inizio, aiuta a ridurre lo stress meccanico esercitato sulla granella di cacao durante la macinatura.

Lasciamo, ovviamente, ai lettori la scelta su quale approccio sia il loro preferito.

Esiste una geografia del gusto per il cacao?

È possibile associare ad una certa provenienza geografica, ad una certa origine di cacao, un profilo aromatico e gustativo del cioccolato?

Spesso si sente dire e si legge che i cioccolati fatti col Nacional ecuadoregno presentano note floreali, che i criollo venezuelani hanno note eleganti e delicate, di panna e frutta secca, che il cacao africano ha un aroma molto basic e cioccolatoso, senza note aromatiche particolari, ecc. Si tratta di tendenze generali o di semplici luoghi comuni?

Immagine tratta da “Bean to bar Chocolate: America’s craft chocolate revolution”  di Megan Giller, Storey publisher

L’immagine che riportiamo della mappa dei Paesi produttori, vorrebbe proprio suggerire la possibilità di definire un tratto comune e dominante per il cacao delle diverse origini. È tratta dal libro “Bean to bar Chocolate: America’s craft chocolate revolution”  di Megan Giller, peraltro opera decisamente interessante sulla storia e le vicende del movimento craft statunitense.

Sarebbe come dire, sempre sfruttando il parallelismo col vino già impiegato per il concetto di terroir (Il terroir del cioccolato), che il Barolo è un vino con determinate caratteristiche, il Chianti con altre, Il Montepulciano d’Abruzzo con altre ancora, e via di questo passo. Ora, se è vero che alcune differenze generali tra questi vini si possono rilevare e descrivere, è però anche vero che tra vini di produttori diversi o addirittura tra due diverse bottiglie della stessa azienda, ci possono essere diversità notevoli, altrimenti non esisterebbe l’effetto terroir.

Per il cioccolato diventa ancora più difficile definire tratti comuni per le tavolette che hanno una stessa origine e, se un tentativo si può fare, non è certo a livello di nazione! Giusto per fare un esempio, in Perù ci sono diverse aree di produzione, ognuna con le sue cultivar di cacao prevalenti e con differenze di clima, di suolo e di altri fattori (Il cacao e il cioccolato in Perù). Magari alcuni tratti comuni si potrebbero individuare a carattere regionale, sempre con i limiti che tutte le generalizzazioni hanno. Ci sono poi due fattori da tenere in considerazione: primo, il cacao si ibrida molto facilmente e quindi abbiamo una genetica molto più varia rispetto ad altre piante alimentari, anche all’interno di una stessa piantagione; secondo, la trasformazione delle fave in tavolette è un processo che incide in modo determinante sulle caratteristiche aromatiche e gustative, certo di più rispetto al passaggio da uva a vino.

Poi non vogliamo dire che alcune delle cose riportate sulla mappa non siano vere, ma vanno prese “cum grano salis”. Il cacao di Papua Nuova Guinea ha quasi sempre forti note affumicate perché lì si usa il fumo di legna per asciugare le fave; spesso cioccolati prodotti con cacao del Madagascar, della Repubblica Dominicana e del Belize, hanno note fruttate come si vede nella mappa (ma siamo sempre molto sul generico), così come è vero che alcune attribuzioni ci paiono meno condivisibili: il cacao del “complejo Nacional” dell’Ecuador molto spesso dà un cioccolato con note fruttate e dolci, di banana, mentre quello della Tanzania ha di frequente note di frutti rossi… e potremmo continuare, ma tra un produttore  e l’altro ci possono essere differenze significative. In definitiva, queste generalizzazioni lasciano un po’ il tempo che trovano.

LE STELLE

Attenzione a non interpretare male il significato del titolo: con le stelle intendiamo riferirci a cioccolati che ci sono piaciuti e a produttori che riteniamo molto rilevanti, ma in questa sezione vengono recensiti solo quelli di cui abbiamo assaggiato almeno tre tavolette (quasi sempre molte di più). Gli altri assaggi sono descritti in un prossimo articolo, dal titolo “Polvere di stelle”, che non implica una qualità inferiore, ma un ritratto solo parziale del chocolate-maker e della sua produzione.

AMANO CHOCOLATE

Amano fu tra i fondatori dell’associazione “Craft chocolate makers of America” e tra i primi produttori bean-to-bar statunitensi. Art Pollard è sempre stato l’anima di Amano, occupandosi della ricerca delle origini di cacao e della loro trasformazione in cioccolato, con una cura maniacale dei dettagli, che lo ha sempre portato a sperimentare instancabilmente temperature di tostatura e tempo di concaggio per ottenere quella combinazione che permettesse di estrarre il meglio da ogni origine, ed in questo viene ritenuto un vero “maestro”. Le sue tavolette presentano aromaticità pazzesche, anche se sempre con grande equilibrio ed eleganza, ed una texture molto classica, all’europea, con uso di burro di cacao, tessitura finissima, ottima fondenza in bocca. È l’unico tra i produttori americani, da quanto ci risulta, ad usare la vaniglia nelle sue tavolette di single origin, scelta controversa di cui però Art sostiene le ragioni, come potete leggere nell’articolo (La vaniglia e le visioni di Amano Chocolate). L’aroma di vaniglia, comunque, non è mai direttamente percepibile nei suoi cioccolati. Art ci ricorda, per scelte e carattere, un grande cantautore, quello che andava “in direzione ostinata e contraria”.

Art Pollard di Amano Chocolate

Ocumare Village (70%), il cacao è un criollo della zona di Ocumare de la Costa, in Venezuela, ovvero dal punto di vista genetico un criollo al 70-80%, storicamente piante che ritornarono in Venezuela dal Messico e dette di criollos actuales; la texture è fine e liscia, gradevole, come in tutte le tavolette di Amano, l’aroma è caratterizzato da una dolcezza di caramella mou (toffee) e caramello chiaro, con ricordo anche di datteri, in seguito ad aumentarne la complessità escono note speziate, di anice e pain d’épices (gingerbread).

Macorìs (70%), cacao trinitario della Repubblica Dominicana, proveniente dalla zona di San Francisco de Macorìs, uno dei luoghi più importanti per la produzione del cacao dominicano; complesso, su un aroma base di cioccolato si innestano note alcoliche, di botti da whisky, con leggera tostatura.

Dos Rios (70%), cacao trinitario della Repubblica Dominicana, da una coltivazione che  Amano acquista con diritti esclusivi e che descrive così: Queste sono alcune delle fave più difficili con cui abbiamo lavorato. Nel trasformarle in cioccolato il loro gusto e aroma può cambiare notevolmente. Dobbiamo fare ricorso a tutta la nostra esperienza e capacità per riuscire a portare alla luce l’incredibile aroma di questo cacao e abbiamo persino dovuto far ricorso a tecniche nuove”; nota dolce e floreale di grande intensità, che ricorda la zagara e il bergamotto, che poi vira verso un profumo di tè, l’oolong in particolare, una tavoletta unica e incredibile, persino inusuale, dove viene da chiedersi se sia effettivamente cioccolato o altro…

Morobe (70%), cacao di Papua Nuova Guinea, che è un mix genetico di criollo e trinitario, con la consueta tecnica di essiccazione delle fave tramite il fumo; a dispetto di molte altre tavolette con cacao della stessa origine, qui la nota fumé risulta delicatissima e si stempera con altri aromi, dando un profilo olfattivo che ricorda la prugna secca, il tabacco, il sottobosco. – Madagascar (70%), cacao trinitario proveniente dalla Sambirano Valley, in Madagascar; su una base di cioccolato e caramello scuro, si innestano note aromatiche di una sultanina e albicocca disidratata, che poi virano verso il tabacco dolce.

AMMA

Della storia di Amma e del suo fondatore Diego Badarò potete leggere tutto nell’articolo che abbiamo pubblicato. Le sue tavolette hanno dimostrato che anche con il cacao coltivato a Bahia, da molti ritenuto piuttosto ordinario, si possono fare tavolette molto interessanti. Il cacao coltivato è noto localmente come Pirasinho, varietà di cacao amelonado della Mata Atlantica.

Nibirus (75% con nibs), acidità fruttata evidente e molto piacevole, una punta di pepato nel finale, buon bilanciamento tra fresco e tostato.

Amma 75%, cioccolatoso, ma arricchito da note fresche di agrume (lime), molto equilibrato e gradevole.

Amma 85%, simile al 75%, ovviamente più amarognolo, minore acidità, mancano le note agrumate, mentre si evidenziano il tabacco e il fieno.

BRAVE BEANS CHOCOLATE

Brave Beans  Chocolate è stato creato da due pasticceri di lungo corso, Alberto e Simone, che hanno sempre avuto un forte interesse per il cioccolato ed hanno deciso alcuni anni fa di buttarsi nell’arena del bean-to-bar, in Italia invero poco frequentata. La sede del laboratorio è vicino ad Ancona e come si può notare dal packaging e dal sito c’è una forte vicinanza culturale al mondo della birra artigianale, della quale i due sono grandi appassionati. Il loro cioccolato viene proposto come complemento ideale, anche nel formato, per la degustazione delle birre, nel circuito dei pub indipendenti che propongono prodotti artigianali ed una cucina di qualità. Ma tornando al cioccolato Brave Beans propone le diverse origini in tavolette tutte al 70%, unici ingredienti fave di cacao e zucchero. Il cacao viene tostato con grande attenzione per valorizzare le componenti aromatiche, poi lavorato a pietra ed a bassa temperatura e maturato (o affinato) per circa sei mesi. La texture è sempre leggermente grezza e croccante, non molto fondente.

Blood berry (70%), cacao malgascio trinitario dalla Sambirano Valley; fruttato (frutti rossi), nota di testa di lampone, finale cioccolatoso.

Extravagange (70%), cacao dalla regione Idukki, sud dell’India, selezionato e fermentato da GoGround; molto aromatico, note di mallo di noce in testa, poi finale di confettura di ciliegie, complesso.

Kilimangerò (70%), trinitario bio della Kilombero Valley, prodotto dalla Coop Kokoa Kamili che associa una comunità di duemila famiglie di coltivatori; esplosione di note dolci fruttate, banana in particolare, con leggera acidità che richiama gli aromi.

Ratatatà (70%), cacao dal Vietnam selezionato da Marou; note di legni nobili, spezie e sottobosco, su di una base di frutta secca tostata.

Meravigliao (70%), Cacao Pirasinho della Masta Atlantica brasiliana, prodotto nella storica Fazenda Sempre Firme, acquistata nel 2009 da Akesson’s; gusto spiccatamente amaro e astringente, di lunga persistenza, ma a nostro avviso proprio per questo piacevole e coraggioso, note aromatiche vinose e vegetali.

Plata o Plomo (70%), cacao coltivato da una Coop di 13 famiglie, ai piedi della Sierra Nevada de Santa Marta, in Colombia; molto avvolgente, dolce, pannoso, aroma di frutta gialla.

DOMORI

Domori nasce nel 1997, da un’idea del bolognese Gianluca Franzoni, che in Venezuela per motivi di lavoro viene a conoscenza del cacao criollo e decide di farne il suo mestiere e la sua missione, producendo un cioccolato che, per l’Italia e non solo, fu pionieristico e coraggioso per varie ragioni: il recupero di varietà di cacao dimenticate, solo tavolette single origin, solo due ingredienti (massa di cacao e zucchero), niente vaniglia, niente burro di cacao extra, niente concaggio ma solo una raffinazione con mulino a biglie in acciaio. Le varietà di criollo collezionate in diverse aree del Venezuela sono coltivate, previo innesto, in un’unica piantagione nella penisola di Paria, gestita in joint-venture con la famiglia Franceschi. Dal 2006 Domori è parte del gruppo Illy. Tutti i cioccolati Domori hanno mostrato una texture peculiare, di tessitura molto fine ma di non facile solubilità in bocca, con elevata viscosità, mentre l’aromaticità è presente, ma spesso molto “trattenuta”.

Teyuna (70%), cacao colombiano proveniente dalla regione di Cordoba, nel bacino del Rio Sinu e ai piedi del parco nazionale Paramillo, geneticamente composto da ibridi di trinitari ICS1 e ICS 39 con materiale regionale; nota cacao di base dominante, frutta secca (nutty) e tabacco dolce, leggera nota fruttata, apprezzabile e lunga astringenza.

Sur del lago (70%), un cacao ottenuto da diversi ibridi di cacao aromatico originari degli stati venezuelani a sud del lago df Maracaibo ( mix di criollo con diverse altre cultivar), prodotti con piante innestate nell’Hacienda Franceschi; più amaro che astringente, acidità fugace, note di crema di whisky, vaniglia, barrique.

Porcelana (70%), da piante di criollo varietà Porcelana, una delle più mitiche e celebrate del Venezuela, proveniente della zona Sur del Lago ma innestate nell’Hacienda San José; impressioni di panna cotta, carruba, toffee, liquirizia, leggera amarezza nel finale.

Guasare (70%), fave che prendono il nome dal Rio Guasare, nel Venezuela occidentale, ai piedi delle Ande (Sierra Perija), una delle varietà più pure e probabilmente più antiche di criollo; molto rotondo all’inizio con note di burro di arachidi, caramello, nocciola tostata, molto persistente, finisce con un’amarezza contenute e note più “dark”, che ricordano la corteccia.

Chuao (70%), selezione di piante di criollo, a fava bianca, provenienti dalla zona costiera venezuelana del paese di Chuao, innestate su alberi presso la piantagione a Paria; leggera vena di acidità iniziale, con sensazione di tamarindo e di confettura bruciata, su base di caramella mou (toffee), nota astringente nel finale.

Apurimac (70%),  cacao proveniente dal Perù meridionale, dalla Coop Sumaqao, che raggruppa piccoli produttori locali; molto rotondo e dolce, con note di latte fresco, caramello biondo e noce di cocco.

Nacional Arriba (70%), dall’Hacienda Victoria cacao che appartiene al complejo Nacional, privo di contaminazioni da CCN51; aromi dolci, di frutti rossi, che riverberano nell’acidità fruttata all’inizio, molto elegante, uno dei nostri preferiti tra i Domori.

Nacional (100%), vedi sopra; nel 100% il quadro aromatico e gustativo è molto diverso, con aromi che richiamano la liquirizia e l’affumicato, ovviamente molto amaro.

Morogoro (70%), trinitario della Tanzania, dalla coop Kokoa Kamili, che raccoglie cacao in cabossa da molti piccoli agricoltori, cura la fermentazione ed essicazione in modo centralizzato; cioccolato dall’impatto molto dolce con note di datteri e caramello, su base cioccolatosa, bassa acidità, molto equilibrio gustativo.

Sambirano (70%), cacao proveniente dalla valle di Sambirano in Madagascar, è un ibrido discendente dal celebre “Old red” e da varietà di criollo provenienti da Java, con l’aggiunta di trinitario e amelonado presenti sul territorio a partire dal 1950; su un gusto base cioccolatoso, cremoso e rotondo, si innesta una nota acida che ricorda il cranberry (mirtillo rosso).

DONNA ELVIRA

Donna Elvira è Elvira Roccasalva, che si occupa della produzione del cioccolato, e Giovanni Petriliggeri che segue il reperimento delle diverse origini di cacao. Sono gli unici a Modica che producono ognuna delle loro tavolette secondo la modalità bean-to-bar, ovvero partendo dalla lavorazione delle fave di cacao. Di conseguenza sono gli unici che prendiamo in considerazione. La decisione di ritornare alla materia prima, come un tempo facevano tutti a Modica, risale ad alcuni anni fa e nel frattempo la loro gamma di origini si è molto ampliata. Qualcuno è ancora convinto, probabilmente, che il cioccolato a Modica si faccia ancora macinando le fave a mano col Metate, lo strumento usato dagli antichi messicani. In realtà tutti partono da massa di cacao già lavorata e aggiungono zucchero. Donna Elvira utilizza un tipo di lavorazione piuttosto diffusa tra gli artigiani: tostatura con fornetto, frangicacao, separazione delle bucce, macinatura con rulli in granito di circa 24 ore, poi viene aggiunto lo zucchero semolato (che non viene quindi macinato), niente burro di cacao ovviamente, e infine c’è il temperaggio. In sostanza la macinatura a pietra relativamente breve non svolge le funzioni di raffinazione e concaggio, lasciando una texture ruvida, alla modicana, ma penalizzando a nostro avviso il profilo aromatico, come si diceva sopra. Ma non si può volere tutto: il cioccolato di Modica è noto soprattutto per la sua texture, cui un produttore locale non può certo rinunciare. Chiudiamo con un elogio allo stile modicano, di Leonardo Sciascia: “Altro richiamo, per restare alla gola, è quello del cioccolato di Modica e quello di Alicante (e non so se di altri paesi spagnoli): un cioccolato fondente di due tipi – alla vaniglia, alla cannella – da mangiare in tocchi o da sciogliere in tazza: di inarrivabile sapore, sicché a chi lo gusta sembra di essere arrivato all’archetipo, all’assoluto, e che il cioccolato altrove prodotto – sia pure il più celebrato – ne sia l’adulterazione, la corruzione…”[2]

Elvira Roccasalva, di Donna Elvira

Colombia Betulia B 9 (80%), varietà di criollo localmente nota come Betulia, prodotta nel nord-ovest della Colombia dall’ Hacienda Betulia; note dolci leggermente fruttate, di canditi.

Papua Nuova Guinea (70%), varietà di cacao che assomma in sé diverse introduzioni di varietà che vennero fatte nel corso degli anni a Papua Nuova Guinea (criollo venezuelano, amelonado africano, ibridi tra cacao alto amazzonico e trinitario); nonostante il sistema di essiccazione delle fave di cacao utilizzato porti spesso questo cacao ad avere note fumé piuttosto pesanti, Donna Elvira riesce a maneggiare con ottimi risultati la materia prima, restituendo una tavoletta con  profumi che ricordano la carruba e la castagna essiccata nei tecci.

Perù Piura (70%), fave selezionate da Cacao Latitudes e provenienti dalla celebre zona di Piura, nel nord ovest del Perù, dove cresce il cacao blanco; gli aromi pur non spiccando per intensità si presentano complessi e intrecciati, con note di crosta di pane, sottobosco, caramella mou e canditi.

Perù Amazzonico (70%), cacao proveniente dal versante amazzonico, regione di San Martin, commercializzato da Comincacao, geneticamente composto da ibridi tra cacao alto amazzonico, trinitario e amelonado; su un aroma molto basic (cioccolatoso), si innestano alcune note terrose, e un pepato finale.

Perù Fortunato n. 4 (70%), primo cioccolato italiano prodotto col cacao proveniente dal Canyon del Rio Marañón, in Perù ma al confine con l’Ecuador, e dove è stata ritrovata la popolazione di alberi di cacao col DNA più vicina al “Nacional” originario; uno tra i cioccolati aromaticamente più complessi di Donna Elvira, da una parte richiama  l’aceto balsamico tradizionale, dall’altro la costa di pane ed il biscotto.

Perù Chunco Urusayhua (80%), fave di cacao selezionate da Original Beans, con la varietà Chunco che proviene dalla zona di Cusco; si avverte una nota aromatica dolce all’inizio, di uva fermentata, che poi evolve in un dolce al cioccolato, caramello e amaretti, che ricorda il “bunet” piemontese.

Wild Soconusco Mexico (100%),  Soconusco è una regione del Messico sud-occidentale, famosa in epoca azteca come area di coltivazione del miglior cacao, che ora coltivato da famiglie di contadini in micro-appezzamenti, la varietà è un mix di Calabacillo (un cacao amazzonico) e Lagarto (cacao selvatico); non particolarmente amaro e astringente per essere un 100%, grazie alla sua texture grezza, non spicca però dal punto di vista aromatico.

Carmelo I Mexico (100%),  il cacao Carmelo I arriva dallo stato del Tabasco (Messico meridionale), con  l’Almendra Blanca (mandorla bianca), che ormai solo piccoli produttori continuano a coltivare; più amarognolo del precedente, ma più caratterizzato come aroma, con note fresche e speziate, seppur non intense.

GEORGIA RAMON

Il nome potrebbe trarre in inganno, ma Georgia Ramon è un produttore tedesco, anzi di gran lunga il miglior produttore tedesco di cioccolato bean-to-bar. Il nome deriva da quello dei fondatori, cui è stato cambiato il genere: Georgia da Georg Bernardini e Ramon da quello della compagna Ramona Gustmann. Georg iniziò la sua attività negli anni ’90 come pasticcere, passando nel 2005 al cioccolato artigianale col brand di Chocolate Coppeneur che condivideva con un socio (che in un assaggio sporadico, all’epoca, non trovammo esaltante…). Cinque anni dopo Georg vendette le sue quote e si dedico al progetto di scrivere una grande guida al cioccolato, dopo aver assaggiato oltre 6.000 diverse tavolette da 550 produttori diversi, libro che uscì prima in tedesco (Der Schokoladentester) e poi in inglese nel 2015 col titolo “Chocolat – the reference standard” con ottimi riscontri. Nello stesso anno Georg decise di tornare alla produzione, col nuovo brand creato insieme alla compagna, che produce parecchie diverse origini di cacao, da agricoltura biologica quando possibile (ma se un tipo di cacao viene ritenuto molto interessante il fatto di non essere bio non è ritenuto un vincolo). Il packaging, che all’inizio era molto semplice, ora è frutto del lavoro di designer ed è in effetti tra i più belli in circolazione ed ha molto contribuito al successo dei prodotti. La produzione, che ha sede a Bonn, nel novembre 2020 è passata in proprietà a Phillip Butzmann. Gli ingredienti sono fave di cacao, zucchero di canna e burro di cacao, la texture discretamente fine.

Georg Bernardini e Ramona Gustmann, i fondatori di Georgia Ramon

Madagascar (70%), cacao trinitario malgascio proveniente interamente da una singola piantagione (Mava Plantation), nell’Ottange Farm; si avverte una gradevole e leggera componente acidula al gusto, che non ha una corrispondenza aromatica simile, ma crea un azzeccato contrasto con note di caramello, melassa, e frutta secca.

Panama (72%), cacao bio trinitario proveniente dalla Finca Quebrada limón; bassa acidità e amarezza, nota fumé dominante, che ricorda il tabacco, richiama il whisky torbato.

Brasile (73%), cacao bio brasiliano prodotto da una Coop (COOPOAM) nello stato del Pará; aroma fragrante di frutta tropicale, acidità e dolcezza che si ricorrono al gusto, aroma mieloso nel finale ma con una piacevole persistenza acida in sottofondo.

Chunco (74%), fave di cacao bio della varietà Chunco, proveniente dalla regione Cusco; un mix di acidità e dolcezza, su note aromatiche di caramello e spezie (chiodo di garofano), che ricordano un aceto balsamico tradizionale.

Chuao (75%), cacao coltivato dagli agricoltori della comunità venezuelana di Chuao, che è un mix genetico delle piante originarie di criollo actuales, ibridatesi negli anni con quelle di trinitario e amelonado importate a più riprese; un aroma dominante di caffè, con sotto fondo di frutta secca e rum.

Haiti (80%), primo cacao di alta qualità (e da agricoltura biologica) prodotto ad Haiti grazie ad un processo di lavorazione centralizzato per le cabosse prodotte dai diversi agricoltori, e gestito da Produits Des Iles SA; cioccolato di grande complessità, note floreali leggerissime all’ingresso, base di cioccolato con piacevole acidità asprigna, note fruttate di fico maturo.

Wild Beni (84%), cacao beniano (o nacional boliviano) da raccolta selvatica, lavorato dalla Hacienda Tranquilidad; un’altra tavoletta di gusto complesso, con un mix di caramello, frutta acidula (prugna), una chiara nota di caffè.

Tanzania (100%), trinitario della Tanzania, dalla coop Kokoa Kamili, con nibs di cacao; nota base di cioccolato dominante (caffè e cacao amaro), contrappunto di acidità citrica, presenza di nibs.

Belize (100%), cacao bio trinitario del Belize; acidità potente, astringenza, nota di tè verde.

LIM CHOCOLATE

Troverete le tavolette di LIM in una confezione dallo stile elegante e piacevole (oltre che ricca di informazioni), due aggettivi che si adattano perfettamente anche al loro contenuto, ovvero i cioccolati single origin prodotti da Federico Dutto in quel di Fossano, cittadina in provincia di Cuneo. Federico, laurea in farmacia, non è per ora un chocolate-maker a tempo pieno: fa un altro mestiere, in una grande azienda farmaceutica appunto, e dedica buona parte del suo tempo libero e della sua passione al cioccolato, col sogno di farne, presto, il suo lavoro tout-court. Il suo intento è di produrre tavolette il cui aroma lascia a bocca aperta chi le sta assaggiando. Per ora si è cimentato su alcune origini, che vengono lavorate secondo lo schema seguente (utilizzando anche attrezzature riadattate ed autoprodotte): tostatura con fornetto, frangicacao, separazione delle bucce, macinatura e miscelazione con zucchero con melangeur a rulli in granito tra le 30 e le 50 ore (funge da raffinazione e concaggio), maturazione tra i 30 e i 40 giorni,  temperaggio e confezionamento manuale. Il burro di cacao utilizzato è attorno al 3% ed ha lo scopo principale di ridurre lo stress meccanico sulla granella di cacao ad inizio macinatura, fungendo in pratica da lubrificante.  Grande attenzione è dedicata a sperimentare come diversi profili di tostatura e tempo di miscelazione a pietra, modifichino l’aroma del prodotto finito. La texture delle tavolette è leggermente ruvida, coerentemente con la lavorazione a pietra e la bassa percentuale di burro di cacao aggiunta; il mouthfeel del cioccolato è sempre molto rotondo e gentile, amarezza e astringenza sono sempre addomesticate e l’acidità , quando presente, sempre molto soft.

Tumaco (74%), cacao dall’omonima regione costiera della Colombia, proveniente da una Coop di 763 agricoltori, con alta presenza di donne (non ci sono notizie sulla genetica del cacao); tavoletta a bassa acidità, molto rotonda, con nibs incluse, note floreali all’inizio (viola), che lasciano poi il posto a sentore di biscotto e di tostatura.

Chuno (75%), la varietà di cacao Chuno viene raccolta da un gruppo di circa 90 coltivatori di cacao nella regione di San José de Bocay, nel Nicaragua settentrionale ed è un ibrido a prevalenza amelonado, con criollo e nacional e varietà minori; leggera acidità iniziale, note fruttate molto dolci (banana, agrumi), che poi evolvono in note vegetali con un leggero richiamo di astringenza (pasta di olive, noci acerbe).

Jembrana (76%), Jembrana è una regione nord occidentale di Bali, dove una Coop di oltre 230 coltivatori produce questo trinitario a sviluppo locale; bocca molto rotonda, aromi iniziali che ricordano le ciliegie sotto spirito, per poi virare verso spezie dolci (cannella) e pain d’epices (gingerbread).

Gran Nativo Blanco (70%), si tratta del famoso cacao blanco di Piura, nel nord del Perù, una varietà con un alta percentuale di fave bianche; un cioccolato soave, alleggerito da una leggera acidità, con un aroma potente di frutta tropicale, che raramente avevamo sentito per questa origine peruviana.

Nacional (72%), il cacao proviene dalla zona di Manabi, versante della catena andina in Ecuador che guarda verso il Pacifico, geneticamente appartiene al “Complejo Nacional” ed è fermentato e lavorato da una piccola ditta italo-ecuadoregna che raccoglie le cabosse da famiglie di agricoltori; all’ingresso in bocca il cioccolato si presenta con un forte impatto aromatico, note floreali di rosa e viola, che a dispetto delle “leggende” non sono facili da sentire in un nacional, le quali poi lasciano il posto a qualcosa di balsamico e più “dark”, che ci ricorda l’aceto balsamico tradizionale.

KARUNA CHOCOLATE

Karuna è un termine che in sanscrito significa “compassione” ed “empatia” ed è uno dei fondamenti del buddismo: l’idea di produrre cioccolato artigianale venne infatti ad Armin Untersteiner e Katya Waldboth dopo un viaggio in India. Nel 2018 hanno iniziato la loro attività e sono i primi produttori bean-to-bar dell’Alto Adige. Le loro tavolette si trovano in tutta la provincia di Bolzano ed anche in diversi Paesi europei, ma meriterebbero una maggiore diffusione in Italia, data l’altissima qualità dei loro prodotti. Come diversi altri piccoli produttori artigianali le fasi produttive di macinatura delle fave e raffinazione vengono effettuate con un melangeur a rulli in pietra, che allungando i tempi di lavorazione diventa anche una sorta di concaggio. Nelle tavolette di fondente è presente circa un 5% di burro di cacao aggiunto e zucchero di canna extra-light, con un minimo residuo di melassa per non influenzare il sapore. Tutti gli ingredienti sono da agricoltura biologica e commercio equo e solidale, le confezioni sono 100% sostenibili e ricche di informazioni sull’origine del cacao. La texture dei cioccolati è fine e si scioglie facilmente in bocca.

Katya Waldboth e Armin Untersteiner di Karuna Chocolate

Tanzania (70%), dalla regione di Morogoro, cacao trinitario fermentato e commercializzato dalla Coop Kokoa Kamili; il cioccolato da un’impressione leggera e soave, acidità presente ma gradevole, frutti rossi dolci molto evidenti, caramello nel finale, nessuna amarezza o astringenza, veramente una grande interpretazione.

India (70%), cacao selezionato da GoGround; gusto asprigno molto gradevole, deciso aroma fruttato (frutti rossi), grande rotondità, finale pulito.

Belize (70%), cacao proveniente dal distrettodi Toledo e lavorato e commercializzato da una ditta tedesca che opera in luogo, Belyzium; acidità fruttata che ricorda l’albicocca, accompagnata da note leggermente tostate, di caramello e crosta di pane.

Belize slow dried (70%), medesimo cacao del precedente, in questo caso essiccato lentamente per ridurne l’acidità; spettro olfattivo completamente diverso dal precedente, con note di frutta disidrata e zucchero di canna integrale, nota liquorosa finale, che ricorda la crema di whisky.

Dominican Republic (80%), cacao trinitario della zona di Duarte, commercializzato dalla Coop Oko Caribe; complesso impatto gustativo, con approccio dolce e asprigno da frutta, infine un tocco di astringenza, le note aromatiche sono di frutti disidratati, su di una base di cioccolato e tostatura.

Perù Chunco (100%), fave di cacao della varietà Chunco provenienti dalla valle di Urubamba, fino a 1000 metri di altitudine, regione di Cusco, raccolte e fermentate da Asocasel; burroso all’inizio, poi un tocco di acidità ed un ovvia astringenza finale. Su un forte aroma di fondo di cioccolato, note di tabacco e  liquirizia.

MAGLIO

Maglio è una storica azienda dolciaria di Maglie (LE) tra le più interessanti del sud Italia e in generale del Paese. Nasce nel 1875 come locanda con cambio di cavalli, per diventare poi un caffè con laboratorio produzione di dolciumi specializzato in pasta di mandorle e liquori artigianali, quindi un organizzatore di banchetti e ricevimenti e, infine, negli anni ’60 del Novecento iniziò a produrre cioccolato. Oggi l’azienda è condotta da Maurizio e Massimo Maglio, che continuano a realizzare una gamma di prodotti piuttosto vasta, tutti di altissima qualità e basati principalmente su ingredienti locali. Il cioccolato è però ora il pezzo forte e, da alcuni anni, i Maglio hanno deciso di ritornare a lavorare le fave di cacao, producendo tavolette single origin, soprattutto da varietà di cacao del Venezuela. I Maglio non si sono accontentati, a differenza di altri, di acquistare il cacao tramite intermediari, ma hanno costruito rapporti diretti con alcune comunità di coltivatori venezuelane, avviando con loro importanti progetti con valenza sociale. Gli unici ingredienti sono massa di cacao e zucchero, texture leggermente sabbiosa, colore delle tavolette tendenzialmente chiaro.

Porcelana (75%), tavoletta ad edizione limitata prodotta con un piccolo lotto di criollo Porcelana ad elevato grado di purezza, acquistato nell’annata 2018 nella zona di Sur del Lago (Venezuela);  impatto aromatico molto dolce, cremoso, con note che ricordano la carruba e il burro,  nota amarognola nel finale.

Cano el tigre, Merida superior (80%), criollo proveniente dalla zona di Guasare, in Venezuela; impatto molto dolce e fruttato, note aromatiche di pompelmo e lychee, che poi lasciano il posto al tabacco e al legnoso, finale con una sottile amarezza, insieme di grande equilibrio. – Cuyagua (90%), il cacao è un blend delle varietà venezuelane di criollo actuales della zona costiera, ovvero Ocumare 61, 67, 77, da una piantagione gestita da coop locale, che Maglio acquista in esclusiva grazie ad un progetto di sviluppo; ottimo equilibrio tra dolce e amaro per essere un 90%, aroma complesso con note di frutti rossi ma anche  tapenade (pasta di olive), finale molto pulito.

RITUAL CHOCOLATE

Ritual Chocolate è stata creata nel 2010 da Anna Davies e Robbie Stout, che per anni hanno lavorato nel mondo dei coffee shops specializzati statunitensi, imparando ad apprezzare il caffè artigianale, il vino e il buon cibo. Anche oggi Ritual, oltre che essere produttore di cioccolato, gestisce anche un caffè. L’idea di avventurarsi nel mondo del cioccolato bean-to-bar li coglie nel 2009, dopo un viaggio in Costa Rica, dove visitano alcune piantagioni di cacao. Iniziano la loro attività a Denver, in Colorado, guidati da Steve DeVries, l’antesignano dei produttori craft americani che, anche causa il suo precoce abbandono della produzione, è entrato nel mito. All’epoca i produttori artigianali statunitensi erano poco più di una ventina, mentre oggi superano i 500. Ritual Chocolate si trasferisce poi a Park city, nello Utah. La loro filosofia produttiva è rivolta a tavolette dalla texture molto fine, prodotte solo con fave di cacao e zucchero di canna, con aromaticità potenti, puntando ad esaltare le differenze intrinseche tra le diverse cultivar ed i terroir. Le attrezzature per la produzione sono in buona parete vintage, come la raffinatrice a tre cilindri degli anni ’50, prodotta a Brooklyn, e la conca longitudinale svizzera datata 1915, del tutto simile a quella in origine inventata da Lindt, che conca il cioccolato per 72 ore. La texture si presenta smooth (liscia) all’inizio, ma nel finale è avvertibile una fine granulosità, la tendenza a fondere è media.

Anna Davies e Robbie Stout di Ritual Chocolate

Peru Marañón (75%), cacao peruviano proveniente dal canyon del Rio Marañón, ma in un’area che in passato apparteneva all’Ecuador; i genetisti del cacao dell’USDA[3] hanno trovato che la popolazione di piante che qui si è mantenuta in isolamento geografico da altre coltivazioni, è una delle versioni di nacional più simili alle piante madri conservate nella riserva genetica di Piedra del Plata in Ecuador. Il cacao nacional era celebre per le sue note floreali, che quindi ci aspettiamo in questa tavoletta, prodotta a partire da una dei nacional più puri in commercio. In effetti le aspettative non vengono affatto deluse, ma si va anche oltre, con un cioccolato di notevole complessità aromatica: ci sono note di testa leggere che ricordano il bergamotto (il nacional è caratterizzato da un composto aromatico che si chiama linalolo, nel bergamotto c’è un suo derivato, l’acetato di linalile, che si può originare in conseguenza della fermentazione delle fave), poi la nota floreale si presenta potente, ed è una nota rosata, ma non fresca, piuttosto ricorda i petali appassiti o ancora meglio una confettura di petali di rosa damascena; poi si conclude su note più “dark” che possono ricordare il miele di castagno e il malto tostato. Una delle migliori versioni mai assaggiate di questa origine, a nostro parere.

Mexico Soconusco (75%), Soconusco è nel sud del Messico, sulla costa pacifica e al tempo degli Aztechi rappresentava una delle più importanti aree di coltivazione del cacao; oggi ci sono coltivazioni residuali gestite da famiglie di agricoltori, con piante che sono un misto di diverse varietà, spesso ibridate fra di loro. Il cacao proviene dalla Coop Rayen, un recente network che raggruppa diversi piccoli coltivatori, raccolto 2018. Questo è il più “normale” tra i tre Ritual assaggiati, grazie alla nota base di cioccolato molto evidente, sulla quale si innestano aromi di frutta secca, anche verde (noci acerbe),  che poi evolvono in note legnose.

Belize Toledo (75%), il cacao proviene dalla Coop Maya Mountain, il principale esportatore di cacao del Belize, che nel 2019 ha ottenuto il riconoscimento “Cocoa of Excellence Award” che l’ha posizionata tra le top 20 al mondo; da una prospettiva genetica il cacao contiene diversi ibridi, la maggior parte dei quali con la componente amelonado dominante, e una minoranza con una dominanza alto-amazzonica. Il cioccolato presenta una complessità aromatica incredibile, che si presenta con una carezza acidula gradevole e un aroma di agrumi molto verde e sottile, che ricorda lo yuzu nipponico, per poi lasciare spazio ai frutti disidratati, fichi secchi in particolare, e un finale di tabacco aromatico.

RUKET CHOCOLATE

Ruket è Marco Gruppioni. Il suo laboratorio dove produce solo cioccolati di singola origine con lavorazione a pietra è a Sant’Agostino, in provincia di Ferrara. La confezione realizzata per le prime tavolette prodotte, veniva chiusa con una cucitura realizzata a mano dalla mamma di Marco, da cui il nome “Rukét” che in dialetto ferrarese significa il rocchetto attorno al quale è avvolto lo spago. Marco inizia la sua attività come produttore di gelato artigianale e si avvicina al mondo del cioccolato di qualità cercando una buona materia prima per il suo gelato. Il fascino che il cacao esercita su di lui è così forte da spingerlo a diventare un produttore bean-to-bar, che lavora lungamente le sue origini con un melangeur in pietra (fino a quasi 70 ore) e senza mai superare le temperature di 46-48°C, senza aggiungere burro di cacao extra, utilizzando uno zucchero Demerara con un lieve residuo di melassa che secondo Marco è in grado di esaltare le aromaticità del cacao. Il cioccolato matura due mesi prima di essere temperato. Il packaging è tra i più informativi che abbiamo visto. Le tavolette, che si presentano con una forma che si ispira al bugnato tipico del Palazzo dei Diamanti a Ferrara, ha una texture leggermente “ruvida” ma elegante, tipica della lavorazione a pietra e dell’assenza di burro di cacao aggiunto.

Marco Gruppioni di Ruket Chocolate

Tanzania (72%), cacao a base trinitario della Coop Kokoa Kamili; la tavoletta apre con un aroma soave e leggero, appena sfuggente, per poi accostare una vena acida molto gradevole, e su un aroma base di cioccolato si inserisce una nota di piccoli frutti rossi asprigni.

Haiti (75%), Coop sociale che raggruppa coltivatori nel nord dell’isola, genetica del cacao non nota; non ha la freschezza acidula del precedente, ma è più solido e “grasso”, con un aroma di frutta secca ed un finale  che ricorda la pasta di olive.

Indonesia (77%), il cacao è un ibrido tra trinitario e criollo proveniente dall’isola di Sumba, dalla Gaura Estate; una tavoletta di grande personalità, volutamente (crediamo) non bilanciata, con un’acidità brusca e aromi complessi  che nell’insieme ricordano una confettura di amarene o, grazie alle note legnose, un aceto balsamico tradizionale, con una punta fumé e una “carezza” astringente nel finale.

smart

(CONTINUA PROSSIMAMENTE CON “POLVERE DI STELLE E TOP3)


[1] Lo stile modicano, dove lo zucchero e la massa di cacao esistono separatamente all’interno della stessa tavoletta, molto grezza, se da un lato è un interessante esperienza masticabile, parrebbe non portare fuori in alcun modo l’aromaticità del cacao (traduzione)

[2] La contea di Modica’ di Leonardo Sciascia e Giuseppe Leone

[3] United State Department of Agricolture

2 thoughts on “Un assaggio fra le stelle – parte seconda”

  1. Manuela Pagani Larghi

    Grazie, davvero interessante!
    Molto professionale.
    Ho seguito i corsi livello 1 e 2 dell’IICCT https://www.chocolatetastinginstitute.org/ sulla degustazione di cacao e cioccolato.
    Utilizzano la mappa degli aromi che hanno sviluppato, davvero interessante.
    Mi piacerebbe potermi “allenare” nelle degustazioni con un gruppo. Avete mai pensato di organizzare qualcosa di simile?
    Grazie, buon tempo, buon cibo

    1. Grazie dell’apprezzamento. Abbiamo organizzato delle serate sul cioccolato, ma non degli assaggi di gruppo. So che li fa la “Compagnia del cioccolato”, anche se non condividiamo del tutto il loro approccio all’assaggio.

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