di María Paz Sepúlveda Navarro e Lourdes A. Lares Acero
Le ricerche e le discussioni scientifiche sulla vera origine del cacao si sono protratte per molti anni. Una delle teorie più consolidate collocava l’origine della pianta nell’America centrale, in specifico in Messico. Le civiltà pre-colombiane che si svilupparono in questa regione erano ritenute le prime ad aver domesticato il cacao, ad averne promosso il suo consumo, creando una cultura dalle connotazioni magiche e religiose attorno a questo frutto.
Nel corso del tempo, e già a partire dal 19° secolo, questa teoria perse terreno a causa del boom del cacao ecuadoregno e la conseguente scoperta di nuove tipologie di cacao prettamente sudamericane, nella regione amazzonica. Più di recente, testimonianze archeologiche provenienti dalle regioni peruviane di Cajamarca and Amazonas, hanno evidenziato un uso del cacao come cibo da parte degli antichi abitanti di queste zone, temporalmente precedente a quello centroamericano.
Attualmente, la teoria dell’origine sudamericana del cacao ha acquisito una conferma definitive grazie alle ricerche di genetisti che hanno indagato a lungo sul DNA del cacao. Un team di scienziati coordinati da Juan Carlos Motamayor, ha pubblicato nel 2008 un articolo, sintesi di diverse indagini, dove si evince che la più elevate diversità genetica del cacao è stata rintracciata nell’area dell’altro bacino del Rio delle Amazzoni, che di conseguenza è stato identificato come centro di origine del genus Theobroma, e della specie Theobroma cacao in specifico. Da questo centro di origine il cacao si è espanso geograficamente e si è differenziato ed oggi possiamo considerare che 8 Paesi condividano quelle che possono essere considerate le varietà originarie del cacao: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela. Le più importanti tra queste nazioni possono essere considerate l’Ecuador e il Perù, a causa sia del loro livello di produzione che di export, in particolare di cacao definito “fine flavor”. In questo studio è stata suggerita una nuova classificazione del cacao, che supera quella tradizionalmente nota di forastero, criollo,e amelonado, prendendo in considerazione la grande varietà di germoplasma che è stata rintracciata nell’area amazzonica: Marañon, Curaray, Criollo, Iquitos, Nanay, Contamana, Amelonado, Purus, Nacional, Beni e Guyana (sei di queste undici varietà sono peruviane).
Il boom peruviano
Benché l’Ecuador sia uno dei pionieri dell’industria del cacao sudamericana, durante l’ultima decade ha avuto una significativa crescita nelle statistiche riguardanti il continente . Il Perù è diventato il nono produttore mondiale di fave di cacao e il secondo produttore di fave di caca biologiche, generando un una vendita pari a 266 milioni di dollari nel 2019. I maggiori suoi acquirenti sono i Paesi Bassi e gli stati Uniti, seguiti da Indonesia e Germania. Benché questi numeri siano molto rilevanti, è necessario sapere cosa c’è dietro questa crescita così rapida e cosa è stato fatto per garantire e sostenere il settore del cacao peruviano.
Attualmente il Perù è suddiviso in 24 regioni (o dipartimenti), 16 delle quali sono dedicate alla coltivazione e lavorazione del cacao, coprendo un area di circa 126.000 ettari e producendo 135.000 tonnellate di fave di cacao. Le maggiori aree di produzione sono collocate all’interno delle regioni di San Martín, Junín, Ucayali, Cusco, Huánuco, Amazonas and Ayacucho. Nella maggior parte dei casi la coltivazione del cacao è un attività svolta a livello familiare che coinvolge circa 100.000 famiglie nel Paese e genera annualmente 11 milioni di posti di lavoro temporanei, durante la stagione della raccolta. Questa attività è diventata una dei maggiori vettori di sviluppo di queste aree.
A causa del loro assetto geografico intricato, questa regioni sono difficilmente accessibili, e quindi risultano aree povere con scarso accesso all’educazione ed all’informazione. In alcuni casi numerose famiglie di coltivatori si sono organizzate in cooperative, con lo scopo di poter avere ad aiuti governativi ed internazionali per la formazione sulle attività agricole (fertilizzazione, gestione dei parassiti, raccolta, trattamenti post-raccolta) e per poter accedere a crediti e a consulenze sulla vendita e l’export. Secondo il Ministero dello sviluppo e della produzione, ci sono 51 cooperative di produttori di cacao registrate attualmente, ed altre 54 che dipendono dalla cooperazione internazionale di organizzazioni come USAID o Swiss Cooperation, tra le altre. Ci sono anche organizzazioni nazionali come APPCACAO, che rappresenta più di 25 cooperative di coltivatori di cacao, o come la “Camera Peruviana del caffè e del cacao”, che rappresenta il commercianti di questi prodotti. Infine, c’è un piccolo numero di organizzazioni locali, che dipendono dall’iniziativa degli agricoltori stessi o dei governi regionali. Ciononostante, la forbice tra quelli che hanno accesso a qualche tipo di sostegno e quelli che non ne possono disporre è ampia e si sta allargando.
Se consideriamo che a causa dell’emergenza globale dovuta al Covid-19, alcune cooperative nella regione amazzonica hanno già dovuto chiudere, si rende necessaria e urgente una politica governativa volta a permettere un equo e sostenibile sviluppo di tutte le regioni e la possibilità di migliorare la produzione di cacao e mantenere questa industria in crescita.
Le caratteristiche delle varietà di cacao peruviane
Nonostante il Perù vanti una grande diversità nelle varietà di cacao, le più importanti per fini commerciali sono quelle chiamate “Bianco”, “Chunco” e “di montagna”.
Cacao blanco: Si trova principalmente nella regione di Piura, vicino al confine con l’Ecuador. Il sua gusto e morbido e delicato, con un alto contenuto in burro di cacao. Al naso si possono trovare note di noce, fiori e frutti rossi, uvetta e lime. Con note gustative di lieve acidità.
Cacao Chuncho: Cresce principalmente nella regione di Cusco. È molto aromatico, con note floreali (gelsomino), fruttate (pesca e ciliegia) e un leggero aroma di noci. Bassa astringenza e bassa acidità.
Criollo de montaña: Coltivato nella zona forestale centrale del Perù (regione di Huánuco), presenta note di miele, ciliegie e frutti rossi.
Inoltre ci sono numerose piantagioni delle cultivar CCN51 e VRAE99, a causa della loro elevata produzione e della resistenza ai parassiti. Si tratta di varietà di qualità organolettica piuttosto scadente e sono impiegate prevalentemente dall’industria locale per aumentare le performance produttive.
L’industria del cioccolato peruviana
In Perù il 90% del cacao prodotto è destinato all’export, mentre il rimanente 10% è utilizzato dall’industria alimentare nazionale. Solo una piccola percentuale di quest’ultimo è impiegato per la realizzazione di cioccolati di qualità, chiamati cioccolati “artigianali”. Attualmente nel Paese ci sono circa una sessantina di produttori che si definiscono artigianali, ma solo circa la metà di essi effettivamente hanno requisiti di qualità sufficienti, se paragonati allo standard artigianale del resto del mondo. Problemi dovuti al trattamento post-raccolta, come fave sotto- o sovra-fermentate, umidità residua, presenza di parassiti fungini, oppure sovra-torrefazione, tra gli altri, sono i maggiori problemi della produzione locale che abbassano la qualità di parte cioccolato artigianale nazionale. In alcuni casi ci sono anche carenze nel bilanciamento degli ingredienti, dovute a mancanza di una formazione specifica.
Nonostante questo, alcuni produttori artigianali peruviani hanno avuto importanti riconoscimenti in competizioni internazionali quali l’Academy of Chocolate e Great Taste Awards nel Regno Unito, e International Chocolate Awards negli Stati Uniti, a partire dal 2013. Ciò ha aiutato marchi come Amazona Chocolate, Cacaosuyo, Amaz Chocolate, Maraná e Xocolatl, tra gli altri, ad aprire possibilità di un mercato internazionale per il cioccolato del Perù, Paese conosciuto soltanto, fino ad allora, come esportatore di cacao pregiato impiegato da alcuni dei più noti produttori artigianali del mondo, come Pacari (Ecuador), Soma (Canada), Chocolate Morin (Francia) Fruition (USA), Palette de Bine (Canada), Es Kayama (Giappone) o Qantu (Canada).
È anche importante menzionare che, a partire dal 2014, il cacao peruviano è stato individuato come uno dei prodotti nativi (indigeni) che sono stati invitati a Terra Madre, un evento organizzato in Italia da Slow Food International.
Queste sono risultate anche opportunità di partecipare ad eventi e competizioni, con il proposito di migliorare i propri standard di qualità. Allo stesso tempo ciò ha incoraggiato il governo peruviano ad organizzare intensi e viaggi di studio all’estero per i produttori nazionali, al fine di imparare dai produttori internazionali e migliorare la propria tecnica.
I migliori produttori artigianali peruviani sono presenti con i loro prodotti sul mercato locale nei mercati contadini, nella vendita al dettaglio, nei negozi di dolciumi e nei panifici. Tutto ciò è importante, considerando che l’attuale consumo di cioccolato in Perù non va oltre i 200 grammi pro capite per anno. Anche se la nazione ha tutti gli elementi necessari per diventare il primo produttore di cacao in Sud America, è necessario prestare la dovuta attenzione al settore del cacao e del cioccolato, per trovare quelli che sono i punti critici di questo possibile sviluppo e per poter definire le strategie necessarie a mantenere o migliorare i risultati attualmente conseguiti.
(Traduzione di Mirco Marconi)
Immagini: cortesia APPCACAO
Maria Paz Sepulveda Navarro – Giornalista, comunicatore, chef, analista sensoriale, consulente e professore sulla qualità del cacao presso “Camera Peruviana del caffè e del cacao”
Lourdes A. Lares Acero – Antropologa con specializzazione post-laurea in studi amazzonici e gestione dell’ambiente. È stata general manager di Amazona Chocolate, marchio che rappresenta tre grandi cooperative di coltivatori, con cui si è promosso il recupero e l’utilizzo delle varietà native di cacao; ha rappresentato i coltivatori di cacao peruviani a due edizioni di Terra Madre.
Un altro articolo informativo e questa volta concentrato su un territorio veramente prolifero in termini di profilo aromatico delle fave di cacao. Trovo le origini peruviane veramente magiche e complesse. Ovviamente tutto dipende Dallas maestria del “chocolate maker” e dalla flessibilità a seconda della varietà. Non nascondo il mio “amore incondizionato” per Qantu e vorrei sottilineare che anche se residenti in Canada, Elfi Maldonado è peruviana e ama immensamente il Perù motivo per cui lavora a contatto diretto con i produttori locali.
Concordiamo su Qantu, quel che abbiamo potuto assaggiare è veramente notevole.