Birre metallare

D’accordo, nel mondo brassicolo la fantasia dei produttori nel dare nomi alle birre non ha freni, è superiore anche a quella che dimostrano nel gestire stili e tecniche o nello scegliere e dosare gli ingredienti. Va anche detto che si ritrova spesso una certa coerenza tra il gusto e l’etichetta. Così se uno si accorge che c’è sul mercato una famigliola di birre inglesi, quasi tutte di Robinsons Brewery, con nomi come “Fear of the dark” (“paura del buio”, perfetto per una Stout) o “666” (il “numero della bestia” dell’Apocalisse di San Giovanni) e poi vede sulle etichette il cappio del boia, l’attacco del samurai e teschi vari, ci si aspettano sapori forti, alcol sostenuto e luppoli gagliardi. E l’aspettativa si rafforza vedendo che le birre in questione sono ispirate dagli Iron Maiden, gruppo inglese di heavy metal, che prende il nome da uno strumento di tortura medioevale…

E invece no, con sorpresa all’assaggio viene fuori un tranquillo carattere britannico da country pub. La 666 per esempio, che prende il nome dal pezzo musicale corrispondente come tutte le altre, ha un sapore tutt’altro che apocalittico: la birra è sapida  ed equilibrata con note di miele e caramello. Oppure la Light brigade, che evoca il corpo militare inglese di cavalleria mandato allo sbaraglio contro i cannoni russi in Crimea il 26 settembre 1854, in una carica finita con una carneficina: è una birra dal sorso facile eppure ben persistente, dall’aroma di agrumi e cereali. Mi è decisamente piaciuta, tuttavia anche qui il riferimento a un episodio fra il tragico e l’eroico non trova riscontro organolettico.

La Trooper, sempre sulla scia militaresca, rappresenta la capostipite nonché la bestseller della serie. È reperibile anche in certi supermercati popolari del Regno Unito, oltre che online (dove l’ho trovata anch’io come molti altri nel mondo). La Trooper di Robinsons ha poi finito col diventare il marchio utilizzato per tutta la serie, che non a caso prende nome da un brano del 1983 pezzo forte dei concerti degli Iron Maiden (i quali vantano un successo pluridecennale per chi non lo sapesse). Testo drammatico, gusto mica tanto: l’ho trovata ben bilanciata tra freschezza agrumata e sentori maltati, offrendo una consistenza ideale e un bel finale amaricante. La versione IPA della stessa Trooper presenta il floreale-resinoso-amaro tipico del genere, ma siamo lontani da certe esagerazioni d’oltre oceano.

Ancora della serie Trooper, con la minacciosa etichetta della Sun and steel, recante in etichetta disegno di un samurai parecchio incazzato. Qui è stato utilizzato lievito giapponese da sakè, col risultato di addolcire il tutto con aroma fruttato. Molto gradevole, forse anche troppo per qualche palato;  comunque in linea col titolo dell’ultima fatica (musicale) del gruppo: Senjutsu, doppio cd e volendo pure triplo vinile uscito a settembre.

La Red ‘N black è una Porter particolare, dal timbro tostato ben fuso in un corpo più consistente della media del genere. L’alcol sfiora i 7° ma la birra è molto piacevole anche per chi non gradisce l’amaro secco tipico del modello originale. Se poi siete cultori delle limited editions per l’incombente Halloween potete accaparrarvi la Day of the dead, nome che si rifà ai messicani Dias de los muertos.

La Hallowed invece evoca un brano che si suppone cantato da un condannato a morte nelle sue ultime ore prima del patibolo, altro testo non esattamente solare. Molto meno drammaticamente la birra corrispondente si presenta come una placida Flemish red ale color ambra, decisamente fruttata e fresca di acidità, con persistenza importante. Vinosa e quindi gradita a quelli come me che assaggiano molti vini. Anche buona, comunque rischia di costare quanto una Gran Cru della Rodenbach – scusate se è poco. Perché il prezzo mi sembra davvero l’unico punto critico di queste proposte “metal”, almeno per chi non è accecato dal fanatismo (nel senso di essere un fan).

Tutte queste birre sono frutto del sodalizio fra la band e il birrificio Robinsons di Stockport (Manchester). Cioè il risultato della bravura di Martyn Weeks, mastro birraio del birrificio, e della passione brassicola del gruppo, in particolare del cantante Bruce Dickinson. Il risultato è, ad oggi, trenta milioni di pinte di birra vendute nel mondo stando al sito ufficiale. Potenza del marchio, indubbiamente, al di là della bontà del prodotto. Trionfo del brand. Certo Bruce è uno che non sa star fermo, come si vede sul palco. Quindi il vuoto creato dal virus deve averlo stimolato a spingere su questo particolare merchandising. Dove non manca l’oggettistica: ecco ad esempio, oltre alle magliette e ai bicchieri, la scatola cult da dodici pezzi o uno spaventevole apribottiglie da parete (sui 50 euro).

Ma entro questo autunno è prevista anche l’uscita della Hellcat, descritta come Indian Pale Lager, che si annuncia più gagliarda delle altre. Grande novità: il partner stavolta è Brewdog, che deve avere simpatia per il mondo rock visto il nome della sua icona, la Punk. Assaggeremo. Intanto pure la concorrenza si è mossa: ecco gli AC/DC, altra icona rock, che firmano una “premium lager” di stile germanico e un paio di IPA (anche con luppoli australiani, c’era da scommetterci); e i Metallica da parte loro hanno lanciato una Pilsner “incattivita”, in collaborazione con Stone Brewing.

Ho in tasca un biglietto per il concerto degli Iron Maiden del 20 luglio 2020. Si, non è uno sbaglio di stampa e nemmeno la fantascienza del viaggio indietro nel tempo, semplicemente è arrivato il covid a sospendere la musica ma il mio biglietto rimane valido per il 7 luglio ’22 al Sonic park di Bologna. Spero innanzitutto di godermi il concerto, ma anche di trovare i loro prodotti all’immancabile punto-birra dentro l’arena. Fermo restando che ai concerti le bottiglie di vetro non circolano per motivi di ordine pubblico, la band potrebbe portarsi dietro la versione alla spina, che del resto è già godibile in una trentina di pub dell’Inghilterra centrale (giusto l’area sopra Burton-on-Trent…). Sarebbe una bella novità, visto che la birra ai concerti rock c’è sempre stata ma si trattava immancabilmente di sponsor dai nomi molto grossi, proprio niente di interessante per chi legge queste righe.

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *