Vini e fiumi: La Mosella e i suoi fratelli

Parlare di vino senza passeggiare tra vigneti è un po’ godere a metà ma, in tempi di pandemia, dopo aver svuotato cantine ed enoteche, non ci resta che sognare. Dunque iniziamo a raccontare alcune tra le zone vitivinicole più caratteristiche d’Europa, ovviamente ad insindacabile giudizio dell’autore, con una caratteristica in comune. Le vigne si specchiano, spesso da pendii piuttosto scoscesi, sui grandi fiumi europei. A pensarci bene questa è una costante, nelle regioni vitivinicole a più antica tradizione, con pochissime eccezioni. La ragione è semplice e ampiamente dimostrata da studi di storci ed esperti di vino ben più autorevoli dello scrivente. I fiumi sono stati per millenni le vie di comunicazione europee, attraverso i quali culture diverse si sono spesso incontrate, raramente scontrate, sicuramente hanno commerciato e condiviso esperienze tecniche e pratiche agricole tra cui la viticoltura.

Iniziamo, allora, da quella che ancor oggi è considerata una delle porte dell’Impero, dove per Impero si intende, ovviamente, l’Impero Romano, la Porta Nigra di Treviri, un centro commerciale dalla storia piuttosto antica, capoluogo della Mosella. Il fatto che questa imponente fortificazione fosse una porta erta a difensore della civiltà dalle orde barbariche è probabilmente una leggenda: è molto più probabile, vi sono ampi riscontri storici ed archeologici che lo dimostrano, che il rapporto tra romani e barbari fosse piuttosto collaborativo, sebbene qualche “confronto” non deve essere mancato. Se probabilmente dai romani arriva la viticoltura in queste terre del nord, l’industria vitivinicola odierna, superati anni difficili verso la fine del secolo scorso, è una realtà completamente differente dove un’uva ha saputo creare un legame inscindibile con il territorio, assecondando anche i mutamenti di gusti e di clima che sempre più frequenti si succedono.

La viticoltura sulla Mosella e sui suoi affluenti, la Saar e la Rüwer, è viticoltura estrema. A queste latitudini una regolare maturazione delle viti è uno dei più recenti, e graditi, effetti del global warming. Ancora quando alcuni degli autori di Pensar di Cibo fecero loro primo viaggio in queste terre, una trentina di anni fa, il panorama che li accolse era a di poco luciferino. Scuri pendii di ardesie nerastre e scagliose, sulle quali le viti crescevano aggrappate a singoli pali, impossibile pensar distendere filari, illuminate e soprattutto riscaldate da stufe poste in mezzo i vigneti. Per molti secoli la viticoltura tedesca ha dovuto fare i conti con un clima avverso, una maturazione improbabile, gelate primaverili che mietevano vittime tra i filari. Le risposte furono sostanzialmente due: produrre una marea di vino economico, modestamente alcolico e dalla spiccata acidità, compensata da una smoderata e artificiale dolcezza, nelle zone meno vocate, utilizzando vitigni precoci come il Müller Thurgau; dall’altra dedicarsi alla produzione di veri e propri capolavori dell’enologia mondiale, vini che fanno della delicatezza fruttata e del sorso cristallino, uniti a una proverbiale longevità, un tratto inimitabile altrove. Ma andiamo con ordine.

Il vitigno principe della Mosella e dei suoi affluenti è, ancor più che altrove in Germania, il Riesling. Questo vitigno a bacca bianca dall’aromaticità cangiante con l’avanzare della maturazione, riesce a sopravvivere a climi rigidi grazie ad un ciclo vegetativo tardivo, capace di schivare i danni dei freddi primaverili, ma che al contempo necessita di autunni secchi per maturare lentamente raggiungendo l’apice qualitativo. Estati miti e sbalzi termici vigorosi completano il quadro, che sembra essere ritagliato su misura sul microclima dell’alveo di questi fiumi tedeschi, per ottenere il caratteristico connubio di elettrizzante acidità, aromi esuberanti e sorso delicato. Non entriamo nella quanto mai complessa classificazione dei vini tedeschi, per ora ci basterà sapere che è prassi eseguire in ogni vigneto più passaggi di vendemmia, raccogliendo dapprima le uve fresche che daranno vini schietti e sapidi, poi le uve in piena maturità a dare vini, ormai tutti vinificati secchi, vigorosi e potenti, ed infine le uve infavate alla muffa nobile o congelate dal rigido inverno a dare i proverbiali, eterni e costosissimi vini dolci. Oggi, qui come altrove prevale, sulla ricerca delle sfumature di dolcezza e sulla pratica delle vendemmie tardive, la voglia di esaltare le peculiarità di ogni vigneto. Chi volesse dunque seguire un approccio più “geografico” all’assaggio si dovrà orientare sui vini Spätlese (sinonimo di vendemmia tardiva, ma qui equivale ad una pienamente matura), vinificati secchi e parcellizzati per singolo vigneto, dove la denominazione Grosses Gewächs (GG sulle bottiglie) è l’equivalente tedesco dei Grand Cru francesi, ovvero dei vigenti di maggior rango.

Quali le sfumature dei vini ottenuti lungo questi fiumi? Saar e Rüwer sono le due zone, modeste per entità dei vigneti, più fredde, sebbene non le più settentrionali, dato che la Mosella scorre verso Nord Est. La Saar precede la città di Treviri, la Rüwer confluisce poco dopo nella Mosella, sempre sul lato orientale. Il panorama qui è nettamente mitteleuropeo, a prima vista poco appropriato alla viticoltura. Sequenze di verdi colline, dove boschi, pascoli e frutteti si alternano a vigneti, questi ultimi piuttosto radi e posti solo sui ripidi pendii più soleggiati. I vigneti di alta classe, dove affiora la tipica ardesia nera, si trovano infatti solo in piena esposizione sud. I vini della Saar sono pungenti nell’acidità, lievi nel tenore alcolico, accompagnati da sentori di mela, salmastri nelle migliori versioni, che con il tempo si arricchiscono di note di miele, quasi speziate. Da questo fiume vengono alcuni dei vini dolci più rari e preziosi al mondo, ma anche qui non è raro trovare oggi GG secchi. Anche la Rüwer da vini delicati e esotici nei profumi, piuttosto rari visto l’esiguo vigneto che ammonta a soli 160 ettari totali.

Passata Treviri, si apre l’area centrale della Mosella, la più nota e vocata. Il fiume, scavandosi la via lungo le falesia di ardesia che lo circonda, assume un andamento quasi amazzonico, con ampie anse che ricorrono le une sulle altre, disegnando una miriade di sfaccettature. Sebbene ormai lungo tutto il fiume si producano Riesling caratteristici, anche nelle versioni più leggere, grazie ad un andamento climatico sempre più favorevole, i vigneti migliori si trovano tra i villaggi di Trittenheim e Ürzig. Impossibile in poche righe riassumere i caratteri dei vigneti di prima classe che si succedono. Tutti sono accumunati da esposizioni vertiginose (spesso solo le monorotaie consentono la coltivazione) e da un fondo di ardesie scagliose e scure che raccolgono il calore nelle ore più calde, salvaguardando le viti nelle rigide notti d’inverno. Nella parte più a monte, fino al paese di Bernkastel, prevalgono le ardesie blu, che danno vini verticali e taglienti, rocciosi e quasi impenetrabili a giovani, ma capaci di evolvere in barocchi sentori di miele e frutta esotica, fino alle caratteristiche note idrocarburiche dopo almeno un decennio di affinamento.

Tra i vigneti di maggior classe val la pena di annotarsi l’Apotheke di Trittenheim, curiosamente diviso tra le due sponde del fiume, Goldtröpechen a Piesport e Juffer Sonnenuhr sormontato dalla caratteristica meridiana incisa nella roccia. Il vigneto Doctor di Bernkastel, su ardesie grigie e con una pendenza irragionevole, produceva un tempo i vini più costosi di Germania; anche ora la sua fama è meritata per le caratteristiche note di pietra focaia.

Sul medesimo lato del fiume si susseguono poi numerosi vigneti di prima classe, in un ampio anfiteatro, tra i paesi di Graach e Wehlen. Anche qui sono le sfumature geologiche a fare la differenza. A Graach terreni più pesanti danno vini ricchi e quasi terrosi, a Wehlen i vini sono pungenti nell’acidità, con sentori fruttati. Pochi chilometri più avanti il fiume vira ancora nettamente, stavolta verso est, disegnano un ansa esposta in pieno meridione. Qui le ardesie si fanno rosse e le vigne letteralmente si arrampicano; non si comprende come siano state piante sull’ultimo dei grandi vigneti noto come Würzgarten, la cui traduzione letterale “giardino delle spezie” lascia pochi dubbi sui caratteri dei vini, fatti con uve raccolte in uno sito dove un clima quasi mediterraneo, unito a sbalzi termici drammatici, dà ai vini potenza e una intrigante nota esotica. Il fiume poi prosegue, con coltivazione spesso su terrazze, fino alla città di Coblenza, dove sfocia sul Reno, una delle culle dell’enologia europea. Ma questa è un’altra storia.

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