Il contributo della birra allo sviluppo dell’epidemiologia

Nel “Lessico Universale Italiano Treccani” trovo definita l’epidemiologia come “la parte dell’igiene che studia il ritmo con cui si manifestano le malattie e le condizioni che favoriscono o ostacolano il loro sviluppo”.

A questa disciplina nel  corso del 2020 si è purtroppo dovuto dare grande ed angoscioso risalto. Come scrive Roland D. Gerste in un documentatissimo articolo sul settimanale  DIE ZEIT del 12 Novembre u.s., il primo epidemiologo fu l’inglese Dr. John Snow (York, 15 marzo 1813 – Londra, 16 giugno 1858). Figlio di una famiglia povera e di modesto stato sociale, grazie al suo impegno ed alla sua instancabile voglia di apprendere riuscì (come studente-lavoratore) a laurearsi in medicina ed a diventare addirittura uno dei  medici di fiducia della Regina Vittoria. Allorché, nel 1854, nel quartiere londinese di Soho1 scoppiò un’epidemia di colera,  il Dr. Snow si impegnò per dimostrare la validità della sua tesi, contrastata da altri esperti, che il principale innesco del contagio proveniva dall’acqua delle fontane, cui attingevano i vicini2.

Il Dr. John Snow

A quel tempo la rete idrica a Soho era gestita da due aziende: la Southwark&Vauxhall prelevava l’acqua direttamente dall’inquinatissimo Tamigi, la concorrente da pozzi più a monte, batteriologicamente sicuri. Il Dr. Snow si procurò una mappa dettagliata di Soho, che fortunatamente è stata conservata ed è ancora ben leggibile (e riprodotta dal Giornalista tedesco): operando come un moderno detective della Scientifica, durante i suoi accurati e continui sopralluoghi il bravo dottore segnò accanto ad ogni fontana una righetta nera per ogni morto nella zona. E ben presto si accorse che le righette nere si addensavano presso le fontane servite dalla Southwark&Vauxhall!

La mappa dei morti di colera fatta dal Dr. John Snow a Soho

Ma come se ciò non bastasse: nel riquadro dove sorgeva la Lion Brewery : nessuna righetta nera! Infatti in quella zona si beveva di preferenza birra3, e non acqua!  Il giornalista Roland D. Gerste conclude il suo articolo mettendo (un po’ scherzosamente) in rilievo il decisivo contributo della birra al chiarimento dei meccanismi epidemiologici, e ciò ancor prima dell’identificazione e della descrizione precisa del vibrione del colera4. Ed a ricordo del primo epidemiologo, ancor oggi si può bere una birra al John Snow Pub, in [U1]  39 Broadwick St., Soho, London W1F 9Q.

Il John Snow Pub a Soho

Note:

1-Oggi non più, ma assai (…piacevolmente) malfamato ancora nel 1953, ai tempi del mio stage presso la Guinness.

2- A Soho l’acqua corrente non era ancora arrivata.

3- Come i birrai sanno, alla circostanza che in birreria si parte da mosto bollito (e dunque sterile) si aggiunge – come dimostrato dal microbiologo inglese H.J. Bunker (EBC Proceedings Congresso Baden Baden 1955) , e più di recente dal Prof. W. Back a Weihenstephan (“Mikrobiologie der Lebensmittel”, Behr 2008) – il fatto che le sostanze amare del luppolo e l’alcol inattivano dopo pochi minuti di contatto batteri patogeni immessi nella birra.

4- Roland D. Gerste menziona anche il medico toscano Filippo Pacini, che proprio nel 1854 diede al microrganismo il nome vibrione; ed ovviamente il celebre  Robert Koch (Premio Nobel nel 1905 per i suoi studi sulla tubercolosi), il quale  nel 1894 fu il primo a redigere una completa descrizione scientifica del famigerato vibrione. Mentre per i più giovani aggiungo che in Italia l’ultima epidemia di colera colpì l’Italia nel 1973 (con alcuni morti a Napoli).

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