Fattosi negli anni tanto sostanzioso nelle dimensioni, e tanto interessante nei risultati, da motivare l’ipotesi di arrivare alla formale codifica di un sottogenere in salsa tricolore (le cosiddette Italian Pils) della tipologia di riferimento (quella delle Pilsen, appunto), il filone produttivo che nel nostro Paese si è strutturato attorno al riferimento stilistico rappresentato dalla dorata di Plzeň pone come minimo (al di là del proprio pensiero rispetto alla questione poc’anzi accennata) di fronte a una domanda di carattere generale; quasi esistenziale.
Ovvero: le differenze più sottili sono quelle più significative? L’interrogativo – accattivante in sé, nella sua natura provocatoria – induce proprio per questo nell’insidiosa tentazione di rispondere un sì istintivo, arrischiato. Tentazione insidiosa perché bastano dieci secondi di riflessione in più, per ammettere di non trovare motivi in base ai quali le differenze più marcate debbano essere meno rilevanti di quelle più minute. Eppure queste ultime rivestono indubbiamente un ruolo cruciale nell’evidenziare le varianti qualitative, o semplicemente interpretative, tra differenti esecuzioni di protocolli tipologici (e quelli delle basse fermentazioni sono tra essi) che di per sé offrono, in ordine agli esiti organolettici, opportunità abbastanza limitate di manovrare e di svariare, a meno di non voler derogare, con forzature improprie, ai dettami del disciplinare assodato.
Da queste riflessioni nasce l’idea di mettere a confronto, appunto, quattro sfumature di Pils corrispondenti alla rispettiva versione di altrettanti produttori dello Stivale, tra nomi consolidati ed emergenti.
La BRUSCA de IL BIRRONE. Come dire: l’ortodossia degli ingredienti. Nella ricetta di Simone Dal Cortivo – titolare e birraio del marchio veneto Il BirrOne (siamo a Isola Vicentina) – solo malto Pils e luppolo Saaz. Ne esce un bicchiere dallo squillante colore paglierino, di aspetto limpido e di copiosa schiuma bianca; segnata da aromi identitari di panificato a breve cottura, miele, erba tagliata; caratterizzata da una sorsata facile (4.9% la gradazione) e da una parabola amaricante tanto consapevole nella propria curva ascendente, quanto morbida.
La 1291 di BIRRA MASTINO. Declinazione precipuamente boema (con ammostamento in tripla decozione) quella proposta da un altro autore veneto, Mauro Salaorni, a sua volta titolare e responsabile della produzione per il marchio Mastino, veneto esso stesso, ma con base operativa della provincia veronese, per l’esattezza a San Martino Buon Albergo. La scheda di preparazione riferisce di solo malto Pils; nonché di una luppolatura cui contribuiscono gettate di Magnum, Tettnanger, Mittelfrüh e Saphir. Il colore è un paglierino pieno, dosatamente velato e guarnito da bella schiuma bianca; il tessuto olfattivo affianca al panificato chiaro sentori floreali, nonché lievemente pepati; la bevuta (facile, di nuovo: 4.8 i gradi alcolici) scorre con fluidità tra morbidezze iniziali e asciuttezze conclusive, tese, queste ultime, a esaltare un’amaricatura decisamente ben educata.
La KNUCKLE di BONAVENA BREWING. Benvenuti al Sud: a Faicchio, per la precisione, dove Vincenzo Follino (alias il Signor Bonavena) firma un Pils in edizione Keller: in miscela solo malto Pils, più spiccioli di Vienna; in caldaia Herkules per l’amaro, più Hallertau e Tettnang per l’aroma; in tino un ceppo di lievito isolato da una coltura originaria della Franconia. Il colore è dorato, l’aspetto pulito, la schiuma bianca; i profumi uniscono, alle canoniche panificazioni di primo infornamento, la rusticità garbata di sensazioni affienate e minerali; la bocca è arrendevole, grazie alla gradazione sorvegliata (5%), alla corporatura leggera e a una vena amaricante il cui decollo è precoce e il cui picco, in corrispondenza della deglutizione, si rivela forte e risoluto.
La NYSA di LA RÜ. Si torna a Nord: a Corduda (Treviso), dove ha sede il marchio La Rü, sotto le insegne del quale il birraio Stefano Favretto dà vita a una Pils anche nel suo caso di stampo boemo: impasto secco di solo malto Pils, luppolatura affidata in esclusiva al Saaz. Colore dorato, aspetto pulito, schiuma bianca cremosa e persistente; aromi mielati, erbacei e floreali (peonia); palato rotondo in avvio e asciutto nella chiusura, segnata da un picco amaricante ben integrato e portatore di un interessante equilibrio. Densità sensoriale in quantità a fronte di soli 4,5 gradi alcolici.