L’ARTE DELLA BOLLICINA, COME NASCE UN VINO SPUMANTE

Il vino è ancora, per fortuna, un prodotto agricolo e le produzioni enologiche seguono il ritmo delle stagioni non solo in vigneto, ma anche in cantina. Con i primi caldi di primavera è tempo di presa di spuma, ovvero di avviare il processo che porterà alla nascita del vino spumante. È sotto gli occhi di tutti che oggi “la bolla tira”, il successo commerciale degli spumanti ha portato molte cantine a cimentarsi con questo vino che, tuttavia, richiede cure e attenzioni del tutto peculiari, rispetto a quelle necessarie per un vino fermo. Vediamo un po’ allora come nasce un grande spumante.

Quando parliamo di spumante metodo classico non ci riferiamo a un particolare vino, quanto a una tecnica di vinificazione che, in linea teorica, potrebbe essere applicata a qualsiasi uva. Lo spumante metodo classico è un vino caratterizzato da effervescenza all’apertura della bottiglia, prodotto mediante due successive fermentazioni alcoliche: una condotta nei tini dopo la vendemmia, come avviene nei vini fermi, e una condotta in bottiglia chiusa ermeticamente, resa possibile dall’aggiunta di zucchero e lievito al vino base. La seconda fermentazione alcolica, o rifermentazione, oltre a sviluppare poco meno di due gradi alcolici, genera anidride carbonica e dunque la caratteristica effervescenza. Generalmente il vino spumante metodo classico è un vino bianco o rosato, prodotto con uve chardonnay, pinot nero e pinot meunier, sul modello dello Champagne francese, archetipo di questa tipologia di vino. Anche in Italia i principali distretti spumantistici seguono il modello francese, sebbene vi siano esempi di spumanti metodo classico prodotti con uve autoctone in Italia, Germania e Spagna.

La produzione di vino spumante metodo classico inizia dalla coltivazione delle uve che devono avere requisiti peculiari, cioè una acidità sostenuta, un buon contenuto di acido malico e un tenore zuccherino moderato, per sviluppare un grado alcolico non superiore ai 10-11 gradi. Per permettere alle uve di rispondere a questi requisiti, tradizionalmente la produzione di uva destinata allo spumante metodo classico avviene in zone settentrionali, caratterizzate da un clima fresco, oppure in altura.

I grappoli devono essere sani e condotti in cantina preservandone l’integrità; la raccolta delle uve per uno spumante metodo classico avviene in piccole casse per non causare lo schiacciamento dei grappoli. Tradizionalmente per la pigiatura delle uve da spumante si impiegano larghi torchi verticali, oggi ancora in uso presso diverse cantine, ma anche moderne presse pneumatiche. La ragione della cura maniacale nella pigiatura è semplice: occorre estrarre il mosto senza far sì che questo si arricchisca di sostanze polifeniche colorate, anche uve nere sono impiegate comunemente per la produzione di spumanti bianchi, e che gli acidi organici del mosto salifichino per reazione con il potassio contenuto nelle bucce dell’uva. Il mosto limpido è avviato alla fermentazione alcolica, che può avvenire sia in acciaio che in legno, solitamente in barili di rovere francese, ed è condotta in larga parte mediante l’inoculo di lievito selezionato. Nei vini base spumante, tradizionalmente, non è svolta la fermentazione malolattica, per preservarne il contenuto di acido malico e dunque l’acidità. Oggi l’approccio alla fermentazione malolattica è più pragmatico, vi sono basi spumante che svolgono la fermentazione malolattica sia per dare maggior complessità al vino base, e dunque al prodotto finale, sia per garantire una maggiore stabilità microbiologica.

Nell’inverno successivo alla vendemmi inizia la preparazione della cuvée. In questo sta la principale differenza tra vino spumante e vino fermo. Mentre nei vini fermi si tende a valorizzare la naturale variabilità che vi è tra annata ed annata, come segno distintivo del legame tra vino e terroir, nel vino spumante è invalso il concetto di gusto legato allo stile enologico di ogni cantina, riconosciuto ed apprezzato dal consumatore, e che dunque deve essere mantenuto costante nel tempo, indipendentemente dalle varabili annuali. In un normale spumante metodo classico la cuvée che sarà poi messa in bottiglia è composta da una parte prevalente di vino dell’annata, solitamente tra il 60 e l’80%, integrato con vini di riserva, ovvero vini di annate precedenti. Questo tipo di spumante metodo classico è detto non-millesimato, perché non riporta in etichetta l’anno di vendemmia. Vi sono ovviamente eccezioni, come spumanti prodotti con uve di una sola annata, detti millesimati, perché dichiarano appunto l’anno di vendemmia delle uve, o cuvée provenienti da un singolo vigneto, indicato in etichetta.

La presa di spuma è il processo che caratterizza lo spumante metodo classico. Il vino base è miscelato con una soluzione zuccherina detta “liqueur de tirage” e con lievito, per poi essere rapidamente imbottigliato. Le bottiglie da spumante sono chiuse con un tappo a corona che contiene una speciale capsula detta “bidule” che avrà la funzione di favorire la raccolta del lievito, al momento della chiarifica del vino spumante. Le bottiglie, una volta riempite, sono poste in cataste in locali temperatura controllata; inizialmente la temperatura deve mantenersi tra i 15 e i 18°C per dar modo ai lieviti di avviare il consumo degli zuccheri. Successivamente deve essere ridotta a 10-12 °C per favorire la dissoluzione della CO2 nel vino e permettere una graduale evoluzione dello spumante, dovuta alla lisi del lievito, con conseguente acquisizione di complessità gusto-olfattiva e di un perlage fine. Infatti, dopo la fermentazione alcolica in bottiglia, il processo di produzione del vino spumante metodo classico è tutt’altro che concluso. Le bottiglie vanno incontro a un lungo periodo di affinamento “sur lattes” che può durare da 12-18 mesi per i vini spumante metodo classico correnti, fino a 10 anni per le riserve più prestigiose. In questo periodo le cellule di lievito, morendo e disgregandosi, liberano nel vino numerose sostanze, determinando un aumento della complessità organolettica del vino stesso e un cambio della sua percezione gustativa. Tra i composti coinvolti vi sono le frazioni azotate rilasciate dai lieviti, in particolare aminoacidi, le mannoproteine e gli acidi grassi, insieme ai composti aromatici presenti nel vino base. Il vino in bottiglia “sui lieviti” si trova in una condizione protetta dall’ossidazione, grazie alle fecce di lievito e, sebbene sia un vino bianco, può migliorare per tempi molto lunghi, acquisendo complessità organolettica e un profilo aromatico che si discosta, via via, dalle noti tipiche dei vini base, per acquisire sentori che ricordano appunto il lievito, la crosta di pane, le note di crema.

Terminato il processo di affinamento sui lieviti il vino deve essere separato dalle fecce per garantirne la limpidezza. Le bottiglie di spumante metodo classico sono poste su appositi cavalletti dotati di fori sagomati, detti pupitres. Il foro delle pupitres è tale per cui aumentando gradualmente l’inclinazione della bottiglia, questa passa da una posizione orizzontale, nella quale il lievito è depositato sul lato, a una posizione pressoché verticale, dove il lievito si è raccolto all’interno della bidule. Il processo di movimentazione delle bottiglie è detto remuage ed è condotto da personale esperto che ogni 3-4 giorni, con un movimento preciso e rapido, oltre ad aumentare progressivamente l’inclinazione, ruota la bottiglia di 1/8 di angolo giro, favorendo il distacco del lievito dal lato e il progressivo scivolamento verso il tappo. Le bottiglie, al termine del remuage sono prelevate mantenendole in posizione verticale e avviate alla sboccatura, o dégorgement, che consiste nel rimuovere il lievito aprendo repentinamente la bottiglia, in modo che la pressione accumulata espella il tappo e con esso, appunto, la feccia di lievito. Per favorire questa operazione, oggi quasi ovunque i lieviti contenuti nella bidule vengono congelati ponendo verticalmente la bottiglia in una salamoia a -28°C, in modo che il blocco ghiacciato venga espulso all’apertura senza intorbidire il vino. Il colmataggio delle bottiglie, prima della tappatura definitiva, può essere fatto o con il medesimo vino, lo spumante metodo classico si definirà dunque “pas dosè” o “dosaggio zero”, oppure con una miscela di vino, zucchero ed eventualmente di un distillato, detta “liqueur d’expedition”. La funzione del liqueur d’expedition non è solamente quella di ripristinare il volume corretto nelle bottiglie, ma anche di apportare caratteri aromatici tipici di ogni etichetta e uniformare il gusto del vino che può presentare lievi difformità tra bottiglia e bottiglia.

Il vino spumante metodo classico, a questo punto, è ritappato con il caratteristico tappo in sughero a fungo e serrato per mezzo della gabbietta. I produttori più scrupolosi riportano in etichetta, oltre all’eventuale millesimo del vino, se questo proviene da una sola annata, anche la data del dégorgement, perché è convincimento comune che lo spumante sia da consumare prima possibile, dopo il dégorgement. Nella realtà le migliori cuvée possono invecchiare con profitto anche dopo la separazione del lievito.

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