Pizza e birra? certo che sì, purché si faccia con criterio

A lungo (negli anni del consumo inconsapevole, dell’una come dell’altra) è stato un dogma, una verità monolitica; poi (con il passaggio a un approccio più critico al cibo e alla bevuta) lo si è visto come “archetipo di ogni banalizzazione”, spingendosi a rigettarlo pregiudizialmente; finalmente, oggi, ci sono le condizioni per poter non solo riabilitarlo, ma riconoscerne la sacrosanta fondatezza: a patto di maneggiarlo con cura e criterio. Di cosa si parla? Ma dell’abbinamento tra pizza e birra. Sancito, nella sua sensatezza, da alcune reciprocità: ad esempio la funzione di riordino del palato operato dalla “pinta” (con la sua effervescenza e acidità) nei confronti dei contenuto in grasso e in carboidrati presente nelle varie “Margherita”, “Quattro formaggi” e via dicendo. Eppure, nonostante la logicità di fondo, un connubio non così automatico, in virtù delle decine di variabili che interessano ambedue le attrici in gioco: si pensi alle differenze tra una Pils e una Eisbock; o a quelle che separano una “Speck e scamorza” da una “Bianca con rucola e noci”. Ecco, allora, il punto: avere la pazienza di riflettere sui profili sensoriali in scena; per poi orientarsi con buonsenso verso gli accostamenti più armonici. Un lavoro accattivante; al quale ci si è dedicati nel corso di una serata monografica di cui proponiamo (cliccando sul link qua sotto) la “cronaca sintetica”…

https://www.cronachedigusto.it/index.php/la-birra-della-settimana/abbinamenti-birra-e-pizza-il-%E2%80%9Cgrande-classico%E2%80%9D-secondo-berber%C3%A8-e-mikkeller

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